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28 marzo 2017

IL TUMORE OVARICO HA MENO SEGRETI
Una ricerca IEO, sostenuta da AIRC, svela per la prima volta tutte le proteine coinvolte dalla malattia. Più vicina la prospettiva di nuovi farmaci efficaci.

La prestigiosa rivista scientifica Cell Reports pubblica oggi i risultati delle ricerche dell'Istituto Europeo di Oncologia, sostenute principalmente da Airc e Worldwide Cancer Research, che delineano per la prima volta il quadro molecolare completo del tumore dell'ovaio, vale a dire tutte le proteine coinvolte dalla malattia e le loro funzioni, aprendo la strada a terapie efficaci anche per i casi più difficili.

«La nostra comprensione delle cause del cancro a livello molecolare è ancora inadeguata per via della sua eterogeneità - spiega Ugo Cavallaro, Direttore dell’Unità di Ricerca in Oncologia Ginecologica dello IEO e referente del lavoro insieme a Jesper Olsen dell’Università di Copenhagen-. Il nostro studio ha rivelato per la prima volta l'intero "paesaggio molecolare" del carcinoma ovarico. In sostanza abbiamo ottenuto il quadro completo delle proteine la cui abbondanza o il cui livello di attivazione sono specificamente aumentati o diminuiti nelle cellule tumorali, rispetto alla loro controparte sana. In termini tecnici, abbiamo svelato il proteoma e il fosfoproteoma. Così abbiamo scoperto la funzione oncogena della proteina CDK7, un enzima che non era mai stato associato al carcinoma ovarico e che da oggi si inserisce quindi tra i nuovi possibili bersagli di terapie molecolari contro questo tumore».

Rispetto agli studi precedenti, i ricercatori hanno adottato un approccio che presenta due aspetti innovativi: da una parte l’utilizzo di cellule primarie, ovvero isolate direttamente dai tessuti appena rimossi, procedimento che evita i problemi associati all’utilizzo di linee cellulari, che possono non rispecchiare i tumori delle pazienti, dall’altra il confronto tra tessuti neoplastici e tessuti normali. «Grazie al contributo fondamentale delle pazienti, attraverso il loro consenso alla donazione dei tessuti per la ricerca, e alle metodiche che abbiamo messo a punto in questi anni, abbiamo ottenuto una “banca” di cellule primarie sia tumorali che sane - continua Cavallaro -.  Grazie alla collaborazione con il gruppo del Prof. Olsen, queste cellule sono state quindi analizzate attraverso tecniche di ultima generazione,  basate sulla spettrometria di massa, che collettivamente prendono il nome di proteomica funzionale. Il risultato è stato il profilo proteomico e fosfoproteomico delle cellule tumorali».

«Successive analisi di bioinformatica sui profili ottenuti - spiega Chiara Francavilla, scienziata del Center for Protein Research di Copenhagen e primo autore dello studio - hanno rivelato quali network biochimici, noti come “vie di trasduzione del segnale”, siano attivati in modo selettivo nelle cellule tumorali ma non in quelle normali. Lo studio si è concentrato in particolare sul network controllato dalla proteina CDK7 e ha dimostrato che questa proteina regola la proliferazione delle cellule tumorali e, soprattutto, che l’inibizione dell’attività enzimatica di CDK7 blocca la proliferazione stessa».

«Il percorso per verificare l’utilità clinica di questi risultati è ancora lungo - conclude Cavallaro -  e non potrà prescindere da una serie di test in modelli preclinici, volti anche a verificare l’eventuale tossicità di terapie anti-CDK7, che verosimilmente andranno associate a trattamenti già inseriti nella pratica clinica per il tumore dell’ovaio. Parallelamente va sottolineato un altro aspetto importante di questo studio: insieme a CDK7, l’approccio di proteomica funzionale ha fornito una lunga serie di potenziali bersagli, che sono ora a disposizione della comunità scientifica interessata al disegno di strategie terapeutiche innovative. E questo, nel contesto di un tumore che rimane uno dei più difficili da trattare con i farmaci convenzionali, è certamente un significativo passo avanti».

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