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29 febbraio 2016

Scoperto allo IEO il meccanismo chiave all'origine dei gliomi

Testa Giuseppe

Ricerca IEOIl laboratorio di Epigenetica delle Cellule Staminali dell'Istituto Europeo di Oncologia di Milano diretto dal Prof. Giuseppe Testa, professore di Biologia Molecolare all’Università Statale di Milano, si è reso protagonista di un’importante scoperta scientifica che apre nuove strade nello studio dei tumori cerebrali.

 

La ricerca, finanziata da AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca contro il Cancro) e WCR (Worldwide Cancer Research) è pubblicata oggi on-line sulla rivista Nature Communications, la terza nel ranking internazionale tra le riviste multidisciplinari dell’intero mondo scientifico.

 

 

Lo studio guidato da Testa - in cui la Dr.ssa Elena Signaroldi e il Dr. Pasquale Laise sono i due autori principali - ha identificato un nuovo meccanismo molecolare alla base della formazione dei tumori cerebrali più comuni nell’adulto, i gliomi, che è ora candidato a diventare un bersaglio da contrastare in maniera specifica come nuova strategia di cura. È stata quindi aggiunta un’ulteriore importante tessera nel complesso mosaico che sta svelando la biologia di un fenomeno così complesso come il cancro, e in particolare in un tipo di tumore così eterogeneo e aggressivo, come quello al cervello.

 

Il meccanismo individuato allo IEO si basa sull’azione di un enzima appartenente a un gruppo di proteine chiamato Polycomb, che hanno la funzione fisiologica di “spegnere” - vale a dire disattivare - i geni di cui la cellula non ha bisogno in determinate fasi del suo sviluppo.  Un ruolo dunque di primaria importanza nella formazione dei tessuti e degli organi, e che può essere gravemente alterato nei tumori.

 

Infatti tra i geni bersaglio di Polycomb l’equipe di Testa ne ha scoperto uno, Zfp423, il cui spegnimento ha un ruolo fondamentale nello sviluppo dei gliomi.  I ricercatori hanno osservato che in presenza della malattia, Zfp423 risulta spento da Polycomb, e che la sua forzata accensione può migliorare la prognosi di questo tumore, aumentando notevolmente la sopravvivenza. In sostanza, se Zfp423 rimane acceso, il tumore rallenta la crescita; se invece viene spento, l’aggressività aumenta. Il prossimo passo è quindi trovare un inibitore di Polycomb, che impedisca lo spegnimento di questo gene prezioso.

 

Polycomb è infatti in grado di disattivare i geni, in maniera temporanea o permanente, attraverso l'apposizione di un “marchio” epigenetico, ovvero una modifica reversibile delle proteine - chiamate istoni - attorno a cui è avvolto il DNA. Zfp423 normalmente è un gene acceso durante lo sviluppo della cellula in maniera finemente regolata, con la funzione di promuovere il differenziamento cellulare in diversi tipi di tessuti, tra cui quello nervoso, favorendo la formazione delle cellule gliali, che fanno da supporto ai neuroni e da cui possono originare, appunto, i gliomi.

 

Analizzando diversi tipi di glioma, prima nei modelli animali e poi nell’uomo, i ricercatori hanno dunque scoperto che Zfp423 ha un forte valore prognostico sulla sopravvivenza dei pazienti, con una prognosi nettamente migliore in quei pazienti in cui tumori hanno mantenuto acceso Zfp423. E a questo si è arrivati studiando appunto i circuiti epigenetici, cioè le reti di interconnessione con cui i geni si regolano a vicenda, controllati da Polycomb durante la formazione dei tumori cerebrali. Lo spegnimento di Zfp423, infatti, correla con il de-differenziamento cellulare, ovvero la perdita della “identità professionale specializzata” della cellula, e la conseguente ri-acquisizione di una identità più immatura. Il de-differenziamento è uno dei meccanismi attraverso cui si sviluppano i tumori e rappresenta una caratteristica delle forme tumorali più aggressive, come ad esempio i gliomi.

 

«Questo studio conferma che l’epigenetica è la nuova frontiera della lotta al cancro e di tutta la Medicina di Precisione - commenta Giuseppe Testa - ma ci rivela pure di come, anche in tumori apparentemente simili e causati inizialmente dalle stesse lesioni a livello del DNA, sia fondamentale identificare sottogruppi che siano omogenei anche dal punto di vista del loro stato epigenetico, perché è interferendo a questo livello che abbiamo poi più chance di fare la differenza». 

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